Neuromarketing per confrontare cosa dicono e cosa provano i consumatori
- Scritto da Arianna
Introdurre neuromarketing in azienda oggi vuol dire impostare un piano di marketing, lo studio di un nuovo prodotto o il testing di una nuova campagna pubblicitaria tenendo conto dei risultati che le neuroscienze più recenti hanno raggiunto nello studio dei meccanismi che sottendono i nostri comportamento e quindi anche le nostri decisioni d’acquisto. Tali meccanismi sono complessi e non completamente prevedibili ma oggi più valutabili.
In parte si sono selezionati durante i millenni dell’evoluzione umana, in parte sono plasmati dalle nostre esperienze e dalle nostre caratteristiche personali. Le nostre scelte hanno infatti anche a che fare con quel che ci ricordiamo, con la nostra capacità di attenzione e con le emozioni che proviamo. Gli eventi passati creano una sorta di attitudine mentale nel ripetersi di condizioni simili, e molto di questo avviene a livello inconscio o preconscio, per cui solo raramente è esprimibile e descrivibile con consapevolezza. Poiché molti processi influenti a questo livello sono oggi meglio conosciuti e anche misurabili diventa un limite ascoltare i consumatori basandosi solo su interviste e focus group.
Così oggi la novità è non solo guardare ai big data dei loro comportamenti ma anche misurare queste reazioni istintive per avere un quadro completo della loro percezione di comunicazione o del prodotto, per ridurre il più possibile gli errori della proposta di vendita.
Per rendere evidente questa possibilità, durante il convegno Certamente 2017 - Italian Neuromarketing Days, quest’anno BrainSigns ha messo a disposizione dei partecipanti alcune postazioni per il testing di 4 spot o di 2 cioccolatini, registrando attività fisiologiche cerebrali e biometriche con tecnologie EEG, HR e GSR. Sono stati misurati il livello d’interesse cerebrale e il coinvolgimento emozionale dei partecipanti, e sono stati annotati i voti di gradimento dichiarati a voce da questi ultimi.
Il valore aggiunto del neuromarketing, in questi casi, è evidente:
- - Per quanto riguarda gli spot, i risultati mostrano (grafico 1) la differenza tra risposta istintiva e risposta verbale sulla pubblicità del Coca Cola. Questa infatti, stando ai dati neurometrici, avrebbe coinvolto molto meno degli altri spot, raccogliendo un tasso d’interesse decisamente basso: tuttavia, quando si guarda alle dichiarazioni verbali degli intervistati, il tasso cresce, fino a diventare inferiore di poco anche trascurabile rispetto agli altri.
- - Qualcosa del genere è accaduto anche per quanto riguarda il test della performance di prodotto e del packaging dei cioccolatini Loacker: stando al dichiarato verbale, i partecipanti all’esperimento non avrebbero percepito una significativa differenza tra quello al latte e quello fondente. Differenza che però si può chiaramente notare quando si guarda ai livelli di interesse (grafico 2, a sinistra), dove è chiaro che il cioccolatino al latte abbia collezionato maggiori preferenze.
Arianna
BrainSigns CEO
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