Neuromarketing e musica: i loghi musicali per rafforzare l’identità di marca
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Sebbene esistano più di 7000 lingue diverse parlate nel mondo da più di 6 miliardi di persone, ce n’è una che da sempre viene definita il linguaggio universale per eccellenza: la musica.
Da sempre fa parte della nostra vita. Non esiste popolo che non suoni qualche strumento e che non componga musica. La musica ci emoziona e serve a parlare di quello che succede nel nostro animo.
Secondo Charles Darwin, padre della teoria dell'evoluzione, gli uomini hanno imparato a cantare e hanno inventato la musica proprio per corteggiarsi, come fanno alcuni uccelli. Ma i suoni e le canzoni ci servono anche per ballare e fare amicizia, emozionarci e stare insieme. Ci legano ad un’identità: come gli inni nazionali o quelli della squadra del cuore.
Dal punto di vista neuroscientifico, la musica così come il linguaggio, vengono entrambi elaborati da entrambi gli emisferi cerebrali, ma la prima veicola un processo comunicativo ancora più radicato nelle emozioni: per esempio, è in grado di influire sul nostro umore e sulla nostra fisiologia, in modo più rapido ed efficace delle parole e anche della vista. I neuroscienziati ci dicono che ascoltare una canzone attiva nel nostro cervello anche le aree che comandano il movimento.
Dunque, gli studi scientifici dimostrano che una sequenza di note sapientemente arrangiata che “ci tocca il cuore e l’anima”, come spesso diciamo, di fatto influenza anche il nostro sistema nervoso e il cervello. L'ascolto di musica ritenuta piacevole si accompagnerebbe infatti al rilascio di dopamina, uno dei neurotrasmettitori che più influenza l’umore e le emozioni e genera anche variazioni della conduttanza cutanea, del battito cardiaco, del respiro e della temperatura: tutte variabili che possono essere misurate in correlazione con il livello di apprezzamento della musica.
Dell’enorme potere della musica se ne sono accorti anche i più grandi esperti di marketing e comunicazione, i quali hanno capito che, in un mondo come il nostro in cui siamo esposti quotidianamente a migliaia di stimoli, un suono può essere un modo molto efficace per arrivare in modo diretto e selettivo a creare un link emotivo con la marca.
Un brand può essere di fatto sentito, anche quando non è guardato. Tutti ricordiamo la colonna sonora di Barilla o il sound logo di McDonald’s, di Windows, di Coca Cola, di Samsung, di Nokia, di Audi, di Wolkswagen. Il loro ascolto ci richiama ad una brand identity e ad una brand reputation univoca anche se siamo davanti ad una TV con la pubblicità facendo altro.
Il sound branding, o audio branding, è dunque un modo per costruire l’identità sonora di un brand, e per entrare nel vivo delle emozioni e nella memoria della sua audience.
I marchi sono così sempre più coinvolti nel mondo della musica e del suono e non vogliono restare indietro. Ma bisogna fare attenzione: non è vero che avere un qualsiasi tipo di stimolo sonoro sia meglio che non averne nessuno. Ecco perché è importante che a produrre questi nuovi suoni siano dei professionisti specializzati e che le loro proposte vengano opportunamente verificate prima di essere adottate.
Il neuromarketing è strumento di testing e selezione ideale per queste proposte perché è in grado di misurare le variazioni neurofisiologiche indotte dall’ascolto e il livello di apprezzamento e di coinvolgimento emotivo della musica per uno specifico brand in presa diretta con la modalità stessa con cui l’audiologo comunica emozione e connessione alla brand identity.
È quello che BrainSigns ha visto con il neuromarketing per le operazioni di audiobranding di grandi aziende che hanno deciso di affidarsi ad uno studio scientifico per misurare l’impatto della loro comunicazione musicale. Stiamo parlando di TIM e Banca Ifis.